Tra guerra e caos quale sostegno dalle religioni?
Lo stato di guerra e caos che opprime il mondo in questa fase porta inevitabilmente con sé un’onda di natura inferiore che tocca ora le corde dell’indifferenza, ora quelle della visceralità, ora quelle dell’analisi minuta e puntuale, sempre con l’effetto di neutralizzare una prospettiva autenticamente intellettuale e dunque universale. Si arriva persino ad abusare della religione, che ha come origine e come scopo un piano superiore, per legittimare teorie o ideologie che hanno solo un’origine umana e dunque, per definizione, limitata.
Le religioni, tanto spesso chiamate in causa ultimamente dal potere temporale e dai mezzi di informazione, sono di fronte a una sfida cruciale e delicata. Il 27 novembre a Jakarta si è svolto l’International Summit of Religious Authorithies, un evento che, nell’ambito dell’R20, ha coinvolto da tutto il mondo le massime autorità delle varie confessioni religiose. La traccia proposta ai partecipanti è stata la seguente: “Il ruolo della religione nell’affrontare le violenze del Medio-Oriente e le minacce all’ordine internazionale basato sulle regole”. A questa traccia è associato un sottotitolo interessante: Let Us Unite to Abolish the Primordial Cycle of Hatred, Tiranny and Violence that Plagues Humanity. Si tratta cioè di un appello all’unità per reagire a un ciclo ancestrale in cui l’odio, la tirannide e la violenza piagano l’umanità. Ci sembra un appello di grande pregnanza, purché, soprattutto in questa fase di confusione, persino del senso intimo delle parole, si stia attenti a non misinterpretare l’esortazione Let Us Unite con una confusione indistinta tra le religioni, tra l’autorità spirituale e il potere temporale, tra psichico e spirituale. Il riferimento a un Primordial Cycle ci ricorda che, dopo la caduta dal Paradiso, una marcia discendente del ciclo ha portato con sé odio, violenza e tirannide quasi inveterati che si sono sempre più infiltrati con varie maschere, parole, ideologie e persino buone intenzioni tra gli uomini. Questo riferimento al «ciclo» è però fondamentale perché ci ricorda, come fanno tutte le tradizioni ortodosse, che ciò cui l’uomo deve mirare è il ripristino di quello stato primordiale ed edenico di vicinanza e trasparenza verso il Principio, non una società idealizzata artefatta.
L’evento si apre con una netta domanda retorica posta dagli organizzatori: «Agiremo per garantire che le nostre tradizioni religiose fungano da fonte genuina e dinamica di soluzioni, piuttosto che di problemi, nel 21° secolo? Oppure accetteremo la fine dell’ordine internazionale basato sulle regole del secondo dopoguerra rimanendo in silenzio o addirittura collaborando con coloro che utilizzano l’identità come arma per farlo favorire il tribalismo, monopolizzare il potere e distruggere gli altri?».
Dall’Oriente arriva dunque un richiamo universale, importante anche in Europa per gli uomini di buona volontà, sulla necessità di agire in modo trasparente rispetto alla Volontà e alla Misericordia di Dio, lontani da polarizzazioni artificiali, suprematismi e presunzioni e senza possibilità alcuna di compromesso con le forze che alimentano odio e violenza. Ancora una volta, questo appello non risulterà vacuo se ci intenderemo sui termini e sulla prospettiva. Il monito a «trovare soluzioni piuttosto che problemi» è rivolto ai religiosi di tutto il mondo, un mondo intero in cui politica e religione sono sempre più scollegate tra loro, confuse e in decadenza. La risposta a questo deterioramento non può essere un’ulteriore confusione in cui la religione, sostituendosi, senza alcun titolo, alla politica, restauri le macerie della guerra, delle crisi economiche, della violenza e si arroghi il diritto di conservare l’ordine internazionale delle cose. La politica non può parimenti abdicare alle proprie responsabilità e ai doveri della propria funzione. La religione, nel rispetto della sua natura originaria di ri-collegamento al Principio dopo la caduta, è chiamata, in questi tempi escatologici, a partire dalle forme andando al di là di queste sostenendo una prospettiva intellettuale autentica e dunque necessariamente lontana dalle ingenuità prive di discernimento o collusioni con le forze del caos. Allora il richiamo alla ricerca di un Bene e di un Fine superiori, del ritmo e della Volontà di Dio, rivolto fedeli, che sono anche cittadini, lavoratori, politici assume un respiro davvero universale. Universale nel senso di rivolto a tutti ma per indicare a ognuno una via di ritorno autentica all’Uno, al Principio, che tutto racchiude in Sè. Essere davvero religiosi, come ci ricordano le autorità dell’R20, non significa trovare dei compromessi con una mentalità profana ma saper conciliare la propria appartenenza confessionale con quella di altri uomini e donne, con gli eventi di questo mondo nella consapevolezza di vivere in un tempo escatologico e di dover preparare i semi per il ciclo successivo perché, come ci ricorda un maestro, la fine di questo mondo non sarà la fine del mondo ma di «un mondo».
Gli organizzatori dell’R20 prospettano un bivio per l’umanità: «se i leader politici, economici, religiosi, educativi e culturali non riescono ad agire responsabilmente, il mondo scivolerà ulteriormente nel caos. Un ordine egemonico basato sulla sola forza sarebbe però infinitamente distante dal mondo della pace […] e in ogni caso probabilmente innescherebbe massicce resistenze e ulteriori cicli di violenza e instabilità». L’altra possibilità che viene prospettata è la seguente: «in alternativa, le persone di buona volontà di ogni fede e nazione possono cooperare per garantire che venga fondato un ordine internazionale basato su regole più stabili e ampiamente accettate, su valori morali e spirituali condivisi. Affinché ciò accada, la religione e le autorità religiose devono svolgere un ruolo positivo e propositivo, costruttivo e non divisivo. Sebbene la seconda possibilità rappresenti il risultato più desiderabile, comporta l'attraversamento quello che forse è il percorso più difficile poiché richiede una forza incrollabile e l’impegno da parte dei leader mondiali e delle persone comuni in ogni ambito della vita nel cercare e abbracciare la verità a qualunque costo».
È di grande rilevanza il fatto che dall’Oriente arrivi questo richiamo alla ragionevolezza declinata secondo il Bene dell’Intelletto e che questo richiamo arrivi veicolato dall’universalità delle forme religiose che possono sostenere i popoli in un’autentica ricerca, lontana da tribalismi e settarismi che rischiano di condurre, anche i meglio intenzionati, all’interno di una spirale di caos e disordine sempre crescenti. Lungi da ogni potere “miracoloso” di guarire le varie crisi del mondo moderno, ci auspichiamo che i religiosi, sia in Oriente che in Occidente, ritrovino piuttosto quella vitalità spirituale e intellettuale, all’interno delle loro tradizioni, per concorrere insieme a realizzare un “tempo della Misercordia” nel ritmo escatologico.