Oltre il disordine. Un’agenda positiva.
Pubblichiamo volentieri l’intervento del Presidente della COREIS (Comunità Religiosa Islamica) Italiana,Imam Yahya Pallavicini, pronunciato a Roma nel corso della quarta edizione del MED, “Forum sui dialoghi del Mediterraneo - Oltre il disordine, un’agenda positiva", promosso dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e dall’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale). Il forum è stato inaugurato alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dal Ministro degli Affari Esteri Enzo Moavero Milanesi, e concluso oggi dal Primo Ministro Giuseppe Conte. L’edizione di quest’anno, alla quale hanno partecipato oltre 40 capi di stato e ministri da tutto il mondo, rappresenta sempre uno dei principali tavoli di dialogo e confronto tra i maggiori attori e osservatori di politica internazionale nei vari aspetti del contesto politico, sociale, culturale e religioso del Mediterraneo.
L’intervento propone un’interessante riflessione sui temi del dialogo e dell’identità religiosa, che si collega ai nostri precedenti articoli su geopolitica e Mediterraneo.
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Segnaliamo anche l'intervista pubblicata su Formiche.it fatta il giorno stesso della conferenza: Per convivere riscopriamo il senso del sacro. Parla Pallavicini
«A New Islamic Identity: Politics, Science And Culture In A Plural World»
Yahya Pallavicini
«Cosa c’è di veramente “nuovo” nell’identità islamica nei campi politici, educativi e culturali?
C’è un modello di Islam Europeo che viene sempre più coinvolto in cooperazioni con la comunità islamica internazionale e con molte Istituzioni del mondo islamico come l’ISESCO, la Lega Musulmana Mondiale, il KAICIID, la Rabita Muhammadiyah in Marocco, il Forum per la Pace negli UAE, laWasatiyyahin Malesia e Indonesia.
Si tratta di un network di saggi musulmani internazionali, tra consiglieri istituzionali e rappresentanti politici, teologi e giuristi, docenti e intellettuali, che si confrontano sul rapporto della religione con la politica, l’educazione, lo sviluppo economico e la coesione sociale, con il coinvolgimento delle Nazioni Unite, dell’Unione Europea e dell’OSCE. Tutto parte nel 2004 con il Messaggio di Amman e prosegue con la Dichiarazione di Marrakesh del 2015 e il Meeting dei Leaders Religiosi di Astana di quest’anno.
Partiamo tutti insieme dalla consapevolezza di una diffusa ignoranza e analfabetismo religioso e di una crisi di valori e decadenza di costumi nelle società dell’Oriente e dell’Occidente. Questa analisi critica ma costruttiva richiede un’assunzione di responsabilità e una voce unita nella condanna di qualsiasi manipolazione dottrinale e di qualsiasi strumentalizzazione criminale della religione.
Posizioni come quelle di shaykh al-Yaqoubi in Siria o corsi di prevenzione del radicalismo come quelli proposti da Tahi al-Qadri in Pakistan o la best practice nelle carceri da parte del Pergas a Singapore, sono tutte esperienze di rinnovamento educativo e di rappresentanza che aiutano l’analisi comparativa e l’adeguamento per contesti e situazioni differenti tra Asia, Africa e Europa.
Con il concorso del nostro coordinamento nella formazione teologica e alla cittadinanza democratica della comunità islamica contemporanea abbiamo contribuito ad arginare e smontare la diffusione dell’ideologia di guerriglieri e terroristi come al-Qaeda e lo pseudo-califfato di al-Bagdadi che tanto hanno corrotto le coscienze di giovani dal Mediterraneo diffondendo una illusione di giustizialismo e di eroismo psicologico che richiede il radicale rinnovamento della filosofia politica e dell’autentica identità religiosa islamica.
La sfida più complessa tuttavia non riguarda la evidente distinzione tra i terroristi, che pretendono di imporre la loro perversa interpretazione dell’islam, e i popoli di cultura e sensibilità musulmana che nulla hanno da spartire con i criminali di cui sono spesso vittime e ostaggio. Dalla “primavera araba” in poi i popoli che si affacciano al Mediterraneo ci chiedono di liberare la loro fede dalla propaganda di movimenti fondamentalisti autoreferenziali che impongono il monopolio formalista dell’islam confondendo religione con politica e politica con ambizione di potere.
Dopo la liberazione dell’Iraq e della Siria occorre liberare i popoli musulmani dalla sedizione del confessionalismo nazionalista o del nazionalismo confessionalizzato restituendo alla politica e alla religione la loro autentica identità e funzione e sano rapporto di collaborazione.
In questo processo complesso, svolge un ruolo importante anche l’Islam Europeo che sa sintetizzare con armonia la filosofia politica e la tutela dei diritti con una lettura e declinazione della religione nel quadro del pluralismo interno ed ecumenico di ogni identità confessionale. La sfida in Europa è la gestione dello Stato e della società con una visione che De Gasperi, Schumann e Adenauer hanno ispirato da cittadini e da credenti, senza cristianizzare ne cristallizzare le Istituzioni, favorendo la libertà religiosa e persino la testimonianza di valori che hanno comune origine e riscontro nelle identità dottrinali di ogni comunità di fede.
In Italia, questo percorso è complicato da minoranze con derive antisemite e islamofobiche e dal protezionismo populista. Ma questo non ha ostacolato lo sviluppo di una cooperazione e coscienza popolare che valorizza le radici della cultura religiosa italiana e occidentale con scambi tra ebrei, cristiani, musulmani italiani che contribuiscono in tutti i settori alla crescita e maturazione di una nuova identità nazionale di unità nella diversità ma senza discriminazioni, ne ghetti.
Questo modello interdisciplinare, interculturale e interreligioso in Italia ha avuto un illustre precedente con il sindaco La Pira, convinto primo cittadino laico di Firenze che non esitò a interpretare la sua responsabilità istituzionale in modo simile a come la civiltà islamica ha avuto modo di testimoniare storicamente a Damasco, Bagdad, Cordoba, almeno finché i governatori si facevano consigliare da saggi di ogni cultura e religione, come capita tuttora in Marocco con il Consigliere Azoulay o, a Londra, con il sindaco Aman Khan di origini Pakistane ma fedele esponente della cultura britannica secolarizzata.
Non si tratta di costruire artificialmente un “islam moderato” da contrastare al “islam radicale”. La Wasatiyyah evocata in Indonesia e Malesia, è la scienza della moderazione virtuosa, lontana da stravaganze ed estremismi ma coerente con la profondità spirituale della civiltà islamica millenaria, quella ritrasmessa tramite i veri maestri, i viaggiatori e i commercianti, alle nuove generazioni.
L’impegno della COREIS Italiana, in collaborazione con la Fondazione di Scienze Religiose di Bologna e dell’ISESCO è quello di sviluppare questi percorsi di scambio e di formazione politica alle relazioni internazionali e interreligiose, a tutela della vera apertura, profondità e onestà scientifica e culturale del cittadino, senza confessionalizzare con formalismi iper giuridici l’identità della religione che, come dice il Sacro Corano, “è semplice”, mentre purtroppo sono alcuni individui che la rendono falsamente rigorosa e artefatta.
Vale la pena almeno ricordare che il termine identità in arabo si dice “huwiyyah” che può richiamare ogni credente alla “Ipseità”, alla Sua Identità, quella di Dio, che è lo Stesso Onnipotente e Misericordioso Creatore di tutta l’umanità e dell’universo. Dimenticare questa nobile origine e smentire la nostra comune fratellanza corrisponde a tradire l’identità della religione e della cittadinanza e ergersi a padroni del territorio con un abuso di potere e una patologia di leadership.
I religiosi devono invece “gareggiare nelle buone opere” e accompagnare la società alla coesione e allo sviluppo anche economico, solidale e sostenibile, senza moralismi ma con una coerenza alla visione della natura e della funzione dell’uomo e della donna in questo mondo, costruendo strutture utili per questo dialogo sui segni della Rivelazione e sulla dinamica di Dio nei cuori e nei comportamenti illuminati delle famiglie dei credenti.»