Il dialogo religioso

Il dialogo religioso

L ' incontro interreligioso esiste già in principio alla sorgente di una eredità spirituale che è comune agli ebrei, ai cristiani e ai musulmani, trasmessa da Dio al patriarca Abramo e a tutta la sua discendenza. Al di là della ricchezza inesauribile dell'effusione divina che si manifesta nelle tre rivelazioni del monoteismo, l'impronta della pura adorazione che si esprime nell'esempio di Abramo resta sempre riconoscibile e può ancora oggi essere ritrovata dall'interno del deposito particolare che è stato affidato a ognuna di queste comunità religiose. Le comunità relative alle ultime due rivelazioni abramiche, quella cristiana e quella islamica, sono molto vicine tra loro. Si riporta che il Profeta Muhammad (su di Lui la Pace e la Benedizione divina) abbia detto: “Tra gli uomini io sono il più vicino a Gesù, figlio di Maria, in questo mondo e nell'altro”[1]. Cristianesimo e Islam non hanno solo in comune l'adorazione del Dio Unico, adorazione condivisa con gli ebrei, ma anche, sia pure in forma diversa, la figura di Gesù, figlio della Vergine Maria, atteso alla fine dei tempi quale ·Annuncio dell'ultima Ora. Le tre grandi rivelazioni monoteiste insegnano in effetti che il tempo è qualitativo e che si sta approssimando verso la fine. L'avvicinarsi del momento escatologico è segnato da gradi sconvolgimenti sociali e dalla perdita generalizzata della conoscenza spirituale e dei punti di riferimento tradizionali. I "segni dei tempi” riferiti dai testi sacri di tutte le tradizioni ortodosse possono essere letti negli avvenimenti caotici che colpiscono l'intera umanità così come nella crisi spirituale che tocca ciascuno di noi. Ma sarà proprio in questo contesto che dovranno mantenersi anche i mezzi e i supporti che permetteranno alla gente dell'Ovest di continuare a dedicarsi al Vero fino all'Ora estrema" come ricorda un detto profetico che ci rimanda alla parabola degli operai dell'ultima ora, parabola comune a cristiani e musulmani.

La storiografia moderna, come tutte le moderne scienze sociali, a differenza della storia sacra, è concentrata sul come avvengono certe mutazioni, mai sul perché· e sulle reali finalità che muovono gli uomini. Qualora si superi la tentazione di analizzare i processi storici attuali secondo certi schemi correnti, che pretendono di ricondurre ogni evento a motivazioni di ordine economico, politico, sociale, ciò che emerge in modo veramente significativo è lo sgretolamento di precise giurisdizioni spirituali e la necessaria vicinanza e convivenza di appartenenti a forme religiose diverse. Il contesto del dialogo inter-religioso attuale nasce sostanzialmente dall'arrivo recente, all'interno della giurisdizione cristiana d'Occidente, dì varie comunità religiose e in particolare di una presenza islamica significativa. I limiti e i pericoli connessi allo sviluppo di questi incontri anche sul piano istituzionale non sono tanto relativi alla diversità delle forme religiose quanto piuttosto al venir meno in Occidente di un spirito autenticamente tradizionale. Ciò che noi intendiamo per spirito tradizionale implica la conservazione di una dottrina ·metafisica, non certo nell'accezione filosofica e neppure teologica del termine, quanto piuttosto nel suo significato etimologico di dottrina delle realtà “Sovrannaturali” che non devono essere solamente contemplate a distanza, ma anche realizzate effettivamente attraverso la trasformazione di tutto l'essere. Intesa in questo senso, tale dottrina metafisica si riferisce a quei principi di ordine spirituale che sono alla base di ogni forma religiosa e permette di cogliere l'unità del messaggio divino in una molteplicità di forme rivelate. La natura stessa del monoteismo abramico è un'immagine evidente di questa verità unica, che può essere riconosciuta con immediatezza dall'intelligenza dello Spirito, e che si compie in tre rivelazioni successive. Questa unità in principio viene chiamata nel Corano al-d in al-qayyfm, la Tradizione immutabile, che rimanda alla Sophia Perennisdi cui parla anche S. Agostino. Essa rappresenta il contenuto essenziale di ogni rivelazione e rimane sempre accessibile dall'interno di ogni forma tradizionale ortodossa e vivente.

Ciò che abbiamo appena detto della tradizione immutabile ci permette di comprendere come l'incontro tra le religioni sia di fatto radicato nella loro unità essenziale. La consapevolezza di questa verità ci permette di cogliere come la cosiddetta filosofia· del dialogo inter-religioso, la quale sembra promuovere la tolleranza reciproca perché ignora questa unità essenziale, è pertanto basata su un esclusivismo confessionale e sul desiderio nascosto di fare del proselitismo. Al di là di certi atteggiamenti di esclusivismo che si pongono al di fuori delle indicazioni precise della rivelazione coranica, la coscienza di una tale unità è stata presente e si mantiene tuttora nell'Islam come

è testimoniato dalla presenza costante di comunità ebraiche e cristiane all'interno del mondo musulmano dal momento iniziale della rivelazione e l'epoca dei primi quattro califfi sino ai nostri giorni. Naturalmente questa presenza si è realizzata secondo uno statuto particolare e ha conosciuto fasi alterne di maggiore o minore fedeltà al messaggio coranico che stabilisce

in modo inequivocabile che l'ultima rivelazione è discesa a conferma e a protezione delle rivelazioni precedenti. Occorre riconoscere inoltre che l'idea stessa di dialogo inter-religioso quale noi la intendiamo attualmente è considerevolmente lontana dall'ispirazione che anima uomini che partecipino profondamente del deposito sacrale di una rivelazione specifica come può essere accaduto a Damietta tra San Francesco d'Assisi e il Sultano Malik: al-Kamil, o, come si può cogliere in certi contatti che si sono mantenuti costanti certamente durante tutto il medioevo tra leéliteintellettuali d'Oriente e d'Occidente, contrariamente alle idee degli storiografi moderni che, a causa di una certa incomprensione, hanno la tendenza a misconoscere questi segni di convergenze spirituali e di riconoscimenti reciproci.

La perdita di questa prospettiva di verità, in Occidente come in Oriente, è tale che l'incapacità a superare il piano delle forme fa precipitare in un cieco esclusivismo che nega la validità salvi-

fica delle altre forme religiose, negando di fatto a Dio la possibilità di rivelarsi pienamente in forme diverse. Da parte cristiana si riconosce tutt'al più alle altre religioni un carattere di semina

verbi, Semi del Verbo, o di propedeutica Christi, preparazione al Cristo, in una sorta di "positività morale" che diventa di conseguenza la base effettiva del dialogo inter-religioso e che permette di allargare il terreno del dialogo anche al di fuori delle religioni cosiddette storiche a tutte le forme pseudo-religiose e al fenomeno dilagante delle sette. La salvezza verrebbe di fatto accordata a tutti gli uomini grazie alla manifestazione del Verbo in una sola e unica forma completa, quella del Cristo storico.

Da parte islamica, si resta prigionieri di una concezione di progresso delle religioni secondo la quale l'Islam, ultima rivelazione, diviene la sola religione, razionale e senza misteri, di un Dio unico che è purtroppo ridotto a una pura astrazione. La salvezza sarebbe allora accordata a tutti gli uomini in virtù della sola appartenenza a quest'ultima forma religiosa. Gli uni come gli altri dimenticano che l'aspetto veramente essenziale delle religioni è la partecipazione ai riti, che permette, se vissuta con un'intenzione retta, di beneficiare di quelle influenze spirituali che possono operare una trasformazione reale di tutto l'essere. Queste influenze spirituali sono ricollegate alle forme rituali grazie all'azione provvidenziale dello stesso Verbo divino, che non ha cessato di rivelarsi integralmente in ogni religione ortodossa. Una volta impostasi tale mentalità e perduto un criterio di ortodossia religiosa tutti i problemi apparenti che sorgono nel quadro delle relazioni tra le diverse forme religiose vengono posti inevitabilmente in modo errato.

Sintomatico a questo proposito la grande insistenza sulla questione della "reciprocità" tra Islam e Cristianesimo, intesa in modo strettamente diplomatico, che si formalizza sia nella richiesta di una chiesa alla Mecca in corrispondenza alla libertà di culto concessa ai musulmani nei paesi occidentali, sia nell'accettazione in principio da parte islamica della possibilità di conversione dall'Islam al Cristianesimo quale corrispondenza alla presunta tolleranza della chiesa sulle conversioni dal Cristianesimo all'Islam. Bisogna innanzitutto comprendere che il territorio sacro dell'Islam - che non può essere ridotto alle sole due città sante di Mecca e Medina, ma coincide con tutto lo spazio che è stato toccato dalla Rivelazione ai tempi del Profeta Muhammad è parte integrante del rito dell’ajj, il pellegrinaggio, quinto pilastro dell'Islam, ed è accessibile ai pellegrini solo dopo il compimento di un rito particolare di sacralizzazione. Per la stessa ragione, l'eucarestia, che si compie con dei supporti rituali specifici, non è accessibile che ai soli cristiani. Inoltre, un musulmano che si convertisse al Cristianesimo rifiuterebbe così la funzione provvidenziale del profeta Muhammad (su di lui la Pace e la Benedizione divina), che aveva precedentemente riconosciuto pronunciando lashahada, la testimonianza di fede islamica. Allo stesso modo un cristiano che si convertisse all'Ebraismo dovrebbe rinunciare alla figura del Cristo ricevuto con il

battesimo, mentre dovrà continuare a riconoscerla, sia pure in una forma differente, qualora dovesse abbracciare l'Islam.

Un'altra difficoltà emerge nell'ambito del dialogo islamo-cristiano: i rappresentanti autorevoli della gerarchia cattolica tendono a considerare la realtà del mondo occidentale moderno come un'emanazione dello spirito cristiano e domandano ai musulmani, con l'obiettivo di riavvicinamento e di una convivenza pacifica, di secolarizzarsi rinunciando ad alcuni principi fondanti la loro prospettiva religiosa. In modo particolare l'Islam sottolinea la dimensione unificante della religione, che integra tutti gli aspetti della vita, senza operare una separazione tra spirituale e temporale, pur distinguendo chiaramente tra questi due domini: non possono esservi infatti ambiti o luoghi privi della presenza dello Spirito. Il riconoscimento della validità, in principio, di una tale prospettiva religiosa è ben diversa da un letteralismo farisaico che tende a imporre, ciecamente, sul piano esteriore, un sedicente modello tradizionale così idealista da divenire immediatamente ideologico. É sempre e solo Dio che decreta certe possibilità di ordine anche esteriore e vi possono essere momenti ciclici nei quali certe modalità, assolutamente "normali· in una società tradizionale, non risultano più praticabili. Sappiamo che, secondo le parole profetiche, da un punto di vista spirituale, ogni generazione sarà peggiore di quella precedente. Alla luce di questi insegnamenti, l'Imam Abu Hamid al-Ghazali, relativamente alle possibilità di applicazione esteriore e sociale della Legge sacra, consiglia in certe situazioni agli uomini di optare per il male minore. Così, i musulmani, coscienti della dimensione universale dell'Islàm, possono vivere la propria fede nelle società occidentali, poiché la pratica del culto è loro pienamente garantita, e accettano di conseguenza di rispettare le leggi degli stati laici. Se noi possiamo dunque convivere conforme di organizzazione sociale che non si. ricollegano più simbolicamente a principi di ordine spirituale, ciò nondimeno dobbiamo custodire la consapevolezza di certe corrispondenze tra le forme del mondo esteriore e le realtà spirituali perché sarà sempre possibile realizzarne il contenuto di conoscenza. I pregiudizi più correnti a proposito dell'Islam, spesso di una banalità sconcertante, non possono essere in nessun modo giustificati dalla profonda degenerazione cui assistiamo in tutto il mondo islamico che, ben lungi dall'assumere il carattere buonista e socializzante proprio del Cristianesimo attuale, si muove piuttosto verso un integralismo cieco e violento che combatte in prima istanza ogni espressione di vera intellettualità. I pregiudizi degli occidentali provengono soprattutto dalla chiusura a una dimensione metafisica che certamente appare ancora nell'Islam in una forma molto vicina a quella presente nel Cristianesimo originario. Sul piano del dialogo o meglio dell'incontro tra Islam e Cristianesimo questa vicinanza particolare delle due ultime rivelazioni può svolgere un ruolo forse molto particolare per il mantenimento anche in Occidente di certi principi di verità che costituiscono il fondamento di ogni deposito tradizionale.

Molto è stato tentato, con effetti apparentemente disarmanti, e alcune possibilità di operare un raddrizzamento si sono esaurite anche a seguito di questi tentativi. Si tratta naturalmente di cogliere quel limite entro il quale questi tentativi possano essere ancora legittimi, ma tale limite non è sicuramente riconoscibile sul piano di una comprensione mentale della realtà esteriore quanto, piuttosto, su quello di un'effettiva conoscenza di certe possibilità di ordine spirituale.

É certo comunque che la testimonianza della verità opera inevitabilmente e a volte su piani che sfuggono a una immediata comprensione, purché questa testimonianza sia veramente sacrificale, venga cioè adattata alle possibilità reali che le condizioni del momento impongono. Occorre infatti parlare agli uomini secondo la loro capacità di comprensione diceva il Profeta (che la Pace e la Benedizione di Dio siano su di Lui). Le modalità in cui la vera testimonianza deve essere condotta partecipano anch'esse di una dimensione di conoscenza dell'invisibile che deve essere vissuta nella croce spazio-temporale in cui Dio ci ha posto. Questa consapevolezza esprime tutta la differenza tra la vera scienza e l'ideologia anche qualora quest'ultima possa presentarsi in una veste religiosa.

Con questo spirito la CO.RE.IS. (Comunità Religiosa Islamica) Italiana ha mantenuto costantemente in questi anni, grazie soprattutto al suo Presidente, lo Shaykh 'Abd al-Wahid Pallavicini, un impegno e una disponibilità sul terreno del dialogo a volte anche tramite il sacrificio palese di un'azione di sola presenza. Anche in questo ambito si sono volute verificare le possibilità di un riorientamento tradizionale in Occidente in modo da arginare almeno in parte lo scatenarsi delle forze oscure che dovranno necessariamente manifestarsi alla fine dei tempi e preparare i momenti della seconda venuta di Gesù (su di lui la Pace) che segnerà la fine di questo mondo e permetterà un passaggio a nuovi cieli e nuova terra. Ma queste possibilità di riorientamento e le modalità in cui dovranno manifestarsi dipendono in definitiva solo dalla volontà divina.


1: AJ-Bukhari, Al-tajride as-Sarif, Le sommaire du Shahih, Dar al-kurub al-ilmi-

yah, Beyrouth, Liban, Tomo II, p. 590 n. 1437.