Abraham Accords: unità e teatro
Se il termine tanto attuale “pandemia” descrive tragicamente crisi sanitarie, politiche, economiche ed interiori, in realtà può essere una chiave di lettura differente anche di eventi più apparentemente lontani dal suo significato corrente. L’etimologia greca Pandemos è riconducibile a “qualcosa di comune a tutti”, non per forza di natura maligna o negativa, tant’è che veniva impiegato come epiteto di Afrodite, dea dell’amore. Ma oggi è più attuale e fruibile utilizzare un’altra sfumatura di significato, cioè “unità”, che veniva utilizzata soprattutto in materia di coesione sociale e politica. Proprio questa particolare unità in tempi pandemici si traduce anche in un complesso sistema internazionale e nei rapporti di potere tra Stati. I recenti accordi tra Israele, Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Usa hanno sancito un nuovo equilibrio che va ben oltre ai confini regionali e, soprattutto, rappresenta una rottura di molti “clevage” che mantenevano lo scacchiere geopolitico.
Grazie alla direzione dell’egemone statunitense, Emirati e Bahrein seguono la linea diplomatica di Egitto e Giordania, rappresentando gli unici Paesi arabi che riconoscono la legittimità politica dello stato israeliano. Si sviluppano così accordi di cooperazione economica nel settore commerciale e finanziario. È interessante come solo il piano economico già comporti delle conseguenze esterne in una regione in stallo. Infatti, un grande attore che segue silenziosamente gli eventi come l’Arabia Saudita ha ritenuto di “allinearsi” e concedere permanentemente all’uso del proprio spazio aereo nei voli tra Israele ed Emirati Arabi Uniti. Si tratta di piccoli segnali che però sommati tra loro fanno percepire un mutamento degli scenari e dell’intrecciata interdipendenza dei vari attori coinvolti. È necessario analizzare i vari temi collegati andando al di là di una descrizione puramente politico-strategica, cercando di ricordare anche una matrice tradizionale soprattutto a fronte della scelta del nome con cui i leader hanno proclamato questi trattati nel giorno della firma congiunta: “Gli accordi di Abramo”.
La figura abramitica come capostipite comune religioso è infatti una scelta assolutamente congeniale per riallacciare l’identità ebraica e quella islamica. Questo processo di normalizzazione tra mondo arabo e lo Stato d’Israele deve infatti passare inesorabilmente anche dalla comune origine monoteista e di abbattimento dei fondamentalismi. Non bisogna però neanche idealizzare i vari attori e cercare di rievocare le radici del pluralismo religioso all’inizio della civiltà arabo-islamica quando il patto del secondo califfo Omar sanciva che i “dhimmi” di fede ebraica e cristiana erano salvaguardati nella loro identità e godevano di piena libertà religiosa. I tempi e le forme sono ben diverse: gli Emirati Arabi Uniti, ad esempio, sono una goccia nell’oceano islamico che ha saputo compiere importanti passi di aggiornamento e adattamento nei confronti della modernità e dell’Occidente mentre Israele non può essere descritto soltanto come Stato ebraico, bensì come un attore internazionale di primo piano. Da un punto di vista storico e culturale, non solo a livello istituzionale, si è sancito un dialogo costruttivo che andasse al di là dei rancori del conflitto israelo-palestinese. Negli ultimi anni è stata avviata una fase diplomatica strategica e silenziosa di ricerca di dialogo e cooperazione evitando di riaprire il vaso di Pandora mediorientale. Alcuni reagiscono a questi accordi richiamando un tradimento del popolo palestinese da parte degli Stati arabi, che rischia solo di essere una retorica inconcludente e generatrice di odio e rivendicazioni che hanno costruito solo muri e diseguaglianze sociali. È interessante sottolineare però una nuova agenda comune di dialogo tra Stati di fedi differenti in Medio Oriente, dove questa vicinanza religiosa si tramuta grazie a questi accordi anche in conseguenze tangibili molto significative come l’apertura a Gerusalemme della Moschea Al-Aqsa, terza moschea più importante nel mondo islamico, ai musulmani di tutto il mondo, simbolo di distensione e pace.
L’analisi politica invece può aiutare a descrivere gli attori coinvolti e le rispettive motivazioni che hanno portato a tali accordi. Il primo attore, gli Stati Uniti ha raccolto un’importante vittoria in una zona che per i propri interessi strategici deve mantenere una flebile stabilità. La Presidenza americana ha svolto il ruolo di regista, coadiuvando i propri partner e soprattutto mantenendo la propria funzione di attenta gestione e controllo della regione, un importante successo diplomatico poco prima delle imminenti elezioni.
Israele si riconferma mantenere una linea strategica in ascesa accrescendo il proprio status geopolitico, riducendo il suo isolamento nella regione. La scelta dei partner non è chiaramente casuale: UAE e Bahrein sono tra i Paesi più ricchi dell’intera regione e sarà molto interessante vedere come concretamente evolveranno le relazioni commerciali soprattutto nel settore tecnologico, tema chiave all’interno dei trattati e dove chiaramente Israele è tra i leader globali. Si è voluto dunque ufficializzare relazioni con alcuni attori del mondo arabo che in realtà erano già ben avviate da tempo che si svolgevano sottotraccia per evitare frizioni filopalestinesi e panarabe.
Gli Emirati Arabi Uniti escono trionfanti e soprattutto mantengono il proprio peso diplomatico che spesso viene sottovalutato. Negli ultimi anni sono stati protagonisti di importanti decisioni strategiche ma anche di rappresentare un’Islam lontano da infiltrazioni fondamentalistiche e più aperto, non a caso poco più di un anno fa ospitavano lo storico intorno tra il pontefice e l’imam della moschea di al-Azhar. Il ruolo degli Emirati resta fondamentale nell’equilibrio anche dei rapporti strategici con il Regno dell’Arabia Saudita, che non può esporsi così apertamente, ma insieme lanciano risposte chiare anche ai propri rivali.
Infatti, ampliando lo scenario internazionale si evince chiaramente come questi accordi siano anche una importante alleanza che va nella direzione opposta della visione politica di Iran, Qatar e Turchia. È interessante anche sottolineare come tra i paesi islamici in Medio Oriente le grandi potenze non sono di origine araba, poiché la Turchia è culla del proprio ceppo identitario e l’Iran ha matrici persiane e indoeuropee. Questa differenza dimostra ancora una volta l’importanza di una narrazione più approfondita che deve tenere conto di queste importanti distinzioni, andando oltre alla grossolana e purtroppo comune analisi del Medio Oriente sotto un unico comun denominatore religioso.
Arginare l’Iran, attore molto attivo e imprevedibile della regione, sembra essere il grande obbiettivo di questi accordi che tramite l’attenta gestione statunitense cercano di creare una cortina di ferro di grande impatto istituzionale e degli importanti mezzi a disposizione. Anche l’inserimento del Bahrein è strategicamente molto interessante poiché al proprio interno la comunità islamica è prevalentemente sciita, quindi è un importante scacco a qualsiasi possibile influenza iraniana.
L’alleanza turca-qatariota è un tema sia politico ma anche all’interno della comunità islamica molto sensibile, poiché sollecita una riflessione sulle logiche e le influenze del movimento della Fratellanza Musulmana. Anche per tale motivo è importante mettere l’accento su questi accordi che vedono chiaramente un’opposizione a estremismi che abusano dell’identità religiosa e politica proponendo un’alternativa che richiama alle radici di fede tra musulmani ed ebrei superando le contrapposizioni che hanno immobilizzato l’intera regione. Questo nuovo fronte di condanna fondamentalista deve passare senz’altro da un’apertura diplomatica del mondo arabo nei confronti di attori eterogenei e, soprattutto, da una riscoperta valoriale che possa essere declinata ai tempi contemporanei.
Come non affogare nello scacchiere internazionale? Come declinare l’origine religiosa tradizionale? Evitando schematismi prettamente occidentali e superando la tentazione di demonizzare le modalità o gli attori dei tempi, è importante mantenere la concentrazione su prospettive più alte e a lungo termine. Le fazioni, gli schieramenti, i giochi di potere sono solo forme di questo mondo che rischiano di essere autoreferenziali della propria centralità ed eternità. Ma è importante comprendere i teatri e anche parteciparvi attivamente, ma senza perdere la meridiana su obiettivi più universali. La parola pace, che viene spesso menzionata nel presentare questi accordi, ha un valore profondamente attuale, che deve essere sempre ricercato. Specialmente se vengono rievocate figure primordiali autentiche come Abramo di incredibile richiamo escatologico.