Maha Kumbha Mela, un mosaico di fede, tradizione e cultura

Altare, Liguria

Maha Kumbha Mela, un mosaico di fede, tradizione e cultura

La città di Prayagraj, nello stato indiano dell'Uttar Pradesh, alla triveni, la confluenza delle tre fiumane sacre Ganga, Yamuna e la mitica, sotterranea Sarasvati, è divenuta il polo gravitazionale per una delle assemblee religiose più grandi al mondo: la Maha Kumbha Mela.

Secondo quanto riportato da fonti Ansa sono convenuti

seicentottanta milioni di persone. Una convergenza rara di fede, tradizioni e cultura!

Iniziata lo scorso tredici gennaio, quando il sole e la luna sono entrati in capricorno e Giove in Toro, si è conclusa il ventisei febbraio scorso, in corrispondenza della Mahashivaratri, la grande notte in onore del Signore Shiva.

Il kumbha mela ha luogo ogni dodici anni, a rotazione nelle quattro città sacre di: Haridvar sulle rive della Ganga; Prayag alla confluenza delle tre fiumane (triveni); Nasik o Tryambaka sulle rive della Godavari e Ujjain sulle rive della Sipra.

In questi quattro punti si narra caddero le quattro gocce di amrta dalla kumbha, l'ampolla,che conteneva il nettare dell'immortalità conteso tra i Deva e gli asura.

Senza addentrarsi negli studi e nei calcoli, mirati a stabilire l'origine storica del kumbha mela e a individuarne i primi cenni testuali, il riferimento sopra è al celebre racconto del Samudra manthana, il "Frullamento dell'oceano cosmico" in cui si narra che i Deva e gli asura -i celesti e gli oscuri- dovettero unire le proprie forze per estrarre dall'oceano, il nettare dell'immortalità, amrta. Da questo frullamento, per primi emersero fumi e gas velenosi che avrebbero distrutto il mondo se Shiva non fosse intervenuto e li avesse inghiottiti. Il veleno fece diventare blu la sua gola, da qui l'epiteto nilakantha "dalla gola blu" che lo ricorda per aver salvato il mondo da distruzione certa.

Dopo molti doni, dalle profondità dell'oceano emerse Dhanvantari, il "guaritore celeste", che reggeva tra le mani una brocca splendente contenente il nettare tanto ambito.

Gli asura reclamarono subito la loro parte, ma i Deva temporeggiarono con l'intenzione di non rispettare il patto, consci che se i demoni fossero divenuti immortali, non vi sarebbe stata più pace nell'universo.

Così gli asura, intuita la loro intenzione, rubarono il vaso, kumbha; ne nacque una contesa accesa che si concluse con la vittoria dei Deva. La battaglia durò dodici giorni, ma considerando il computo del tempo secondo cui un giorno divino corrisponde a un anno umano, da quel momento il kumbha mela si iniziò a celebrare ogni dodici anni.

Questo racconto è ricco di indicazioni simboliche e di insegnamenti spirituali, fornendo anche il significato stesso del kumbha mela: la ricerca del Sé, della Coscienza suprema.

Nelle tradizioni dello yoga tantrico, ad esempio, il kumbha è l'essenza dell'uomo che contiene in sé la Coscienza immortale; i Deva e gli asura sono le due polarità che devono essere unificate e purificate per l'ottenimento della Realtà.

Di fatto, queste assemblee sono mosaici policromi in cui ogni tassello, ogni linea di colore colloca in un tutto armonico i diversi aspetti della vita, della cultura, dell'arte, della tradizione spirituale e teologica dell'induismo.

Devoti, pellegrini e turisti provenienti da tutto il mondo raggiungono Prayag per bagnarsi nelle acque lustrali dei fiumi sacri, nonché per incontrare figure religiose induiste di ogni ordine: monaci, samnyasin, svamin, yogi, sadhu, mahant, acarya e Shankaracarya.

Queste autorità religiose si radunano eccezionalmente durante il kumbha mela, dibattono di teologia, di dottrina e affrontano le nuove istanze e grandi tematiche della società contemporanea.

La maggior parte degli asceti sono membri di ordini, appartenenti alle varie akhara, tra i quali spiccano i Juna e i Niranjani. Akhara è un termine che significa "lotta libera, arena" e fa riferimento sia a un luogo di dibattito verbale sia un luogo di battaglia. Molti asceti, naga e vairagi, erano infatti, esperti sia nelle arti marziali sia nelle pratiche ascetiche. Uno degli scopi del kumbha mela è quello di eleggere nuovi capi delle varie akhara, o celebrare i riti di iniziazione religiosa dei novizi.

Nei campi, un numero infinito di tende accoglie santi, capi spirituali di ordini monastici, Shankaracarya che parlano, discutono, cantano, pregano. Si assiste ai satsamgha di tutti questi straordinari personaggi spirituali, giorno e notte; un fiume ininterrotto di gente fluisce alle loro tende.

Musiche, canti e spettacoli narrano i miti e le leggende più belle. I colori e le forme della devozione al kumbha mela assumono gli aspetti più tipici dell'induismo: la grande fede ha la stessa forza di quel fiume umano che costantemente ti avvolge, ti spinge, ti conduce.

Insomma, sono molte le motivazioni, i benefici e gli scopi di un kumbha mela, ma, naturalmente, le più popolari rimangono il pellegrinaggio, il bagno nelle sacre acque che purificano dagli errori commessi e "lavano" il karma, e il darshan di uomini santi.

Nelle acque dei fiumi sacri non si immergono solo i corpi dei devoti, ma le loro aspirazioni a cercare l'identità con l'Assoluto, mondandosi da ogni errore commesso; in quelle acque si immerge anche il passato, il presente e il futuro di una civiltà, di una cultura religiosa capace di saper mantenere il vecchio pur accettando le sfide del nuovo.

Sebbene, oggi, i modi per raggiungere Prayag siano più rapidi e agevolati rispetto al passato, molti devoti scelgono di arrivare a piedi e di compiere il viaggio come un vero e proprio pellegrinaggio, tirtha yatra, da preparare e accompagnare con una disciplina adeguata.

Il tirtha può essere un luogo fisico, un tempio, un ashram dove vive un maestro, un maestro stesso. Rappresenta uno spazio sacro; letteralmente significa "guado", ed esprime bene l'idea di yoga nella sua accezione di unione. Il tirtha ha il potere di riunire più piani fisici e metafisici; è "la maglia del mondo che non tiene", per citare il poeta Montale, e che lascia intravedere la divinità.

I Purana, definiscono Prayag un tirtharaja, "luogo di pellegrinaggio reale".

Prayag è tra le mete di pellegrinaggio più sacre descritte nelle Scritture; qui il Dio Brahma celebrò il rituale che diede avvio alla creazione del mondo ed è qui che dimora l'albero immortale, akshyavata, che simbolicamente unisce le terre e i paradisi, il visibile e l'invisibile. Pertanto, il pellegrino che si reca a Prayag è immerso nella sacralità di tutti i tirtha. Prayag per un devoto rappresenta Dio stesso!

L'induismo ha una profonda riverenza per la Madre Terra, personificazione dell'aspetto femminile del Divino, Bhu o Bhumi Devi. In questa concettualizzazione, ogni elemento della geografia fisica, dalle montagne, ai fiumi, e così a seguire, diviene parte di un unico corpo sacro, "divya ksetra", un campo del divino.

La meta di pellegrinaggio circoscrive uno spazio, un tempo, un'azione sacra e rituale che aiuti l'essere umano a ritrovare il suo ordine nel cosmo e lo scopo ultimo della vita.

Il pellegrinaggio è una prassi antica nell'induismo e può rispondere a motivazioni diverse: un voto, la necessità di espiare un errore, fino alla finalità suprema di trascendere il mondo e ricongiungersi con il Divino (moksha).

Le credenze popolari come i miracoli dell'acqua santa, dei pellegrinaggi, degli ex voto possono far sorridere nell'era post-moderna, infatti, esse sembrano appartenere ad un passato ignorante, superstizioso che affidava al Divino le debolezze umane.

Nell'induismo, invece, come in tante altre religioni, vi sono straordinari significati che elevano l'uomo.

La fede ed i credi popolari che si trasformano in azioni concrete sono necessarie all'uomo, non solo per il suo dialogo con il Divino, ma anche per la sua socializzazione.

Il pellegrinaggio costituisce una pratica importantissima e molto stimata.

Esso è stato un grande strumento dell'unificazione culturale indiana portando nell'intero paese i miti, i rituali, la discussione su nuove filosofie e nuove idee, un luogo d'incontri unico e straordinario; si trovano uomini e donne di differenti estrazioni sociali, tradizioni, credi e realizzazione spirituale.

Il pellegrino trasporta su di sé il sacrificio.

Coloro che vivono a un determinato livello evolutivo necessitano di realizzare le proprie aspirazioni spirituali attraverso azioni esteriori, concrete. Ad esempio, il pellegrinaggio è il simbolo del viaggio interiore dell'uomo, del suo travaglio spirituale per giungere a Dio ma, se questo viaggio viene compiuto solo a livello intellettuale o mentale, non porterà nessun frutto. Il viaggio fisico, invece, potrà portare alla vera comprensione che è data dall'esperienza. La fatica, il sacrificio, la volontà non sono altro che strumenti essenziali per compiere qualsiasi viaggio. È nel viaggio interiore che, rafforzati dall'esperienza, si potranno affrontare le foreste delle illusioni della propria mente, gli animali del proprio inconscio, le scalate delle montagne delle difficoltà, si guadano i fiumi dei desideri, per arrivare allo stato di purezza che condurrà alla meta: il cuore dell'uomo. Il viaggio esteriore compiuto con fede, amore, sforzo, sacrificio, rafforza il devoto, lo rende migliore.

Questa è la purificazione. Che cosa meglio delle acque può rappresentare questo concetto? Inoltre, gli eventi popolari di adorazione di massa sono aspetti importantissimi per la società. I raduni di fede, nei quali le persone si uniscono nella preghiera e nella festa, creano forte solidarietà e aggregazione sociale. Il bagno sacro da sempre rappresenta la purificazione, l'immersione nelle virtù, nell'adorazione, nelle qualità più alte: la mente pura permette alla vera natura di emergere.

È l'idea di bagnarsi in Dio.