Religione naturale e cambiamento climatico
In occasione del settimo anniversario della scomparsa del maestro spirituale e fondatore della COREIS Italiana Shaykh Abd al-Wahid Pallavicini, proponiamo il testo di un suo intervento particolarmente illuminante su “La Religione naturale”, pronunciato a Venezia in occasione del convegno “L’uomo padrone della natura?”, in dialogo con il patriarca Francesco Moraglia e l’allora vice-rabbino capo Rav Abraham Dayan.
L’uomo padrone della natura?
20 aprile 2015 / Venezia, Scuola Grande di San Rocco
La Religione naturale
Io vengo da Milano dove mio figlio Yahya, Giovanni il Battista, questo il significato in arabo del suo nome, mi ha incaricato di sostituirlo in questo incontro con Rav Shalom Bahbout e il Patriarca Francesco Moraglia, che ringrazio entrambi per aver accettato questa sostituzione. Sempre a Milano, ho avuto modo di incontrare ancora recentemente alla Casa della Carità il vostro precedente Patriarca Cardinal Angelo Scola insieme al vostro precedente sindaco, l’amico Massimo Cacciari, in un incontro patrocinato da don Virginio Colmegna.
Ciò che più ci colpisce, durante questi nostri viaggi d’oggi punteggiati di cartelli pubblicitari e di annunci radio, è vedere - scritta a spray o a carboncino - su una pietra miliare o all’ingresso di una galleria, l’affermazione: “Dio c'è”. La nostra meraviglia è motivata da due sensazioni opposte: una è dovuta alla nostra tendenza contemplativa, alla quale pare strano che, alla luce del sole e sotto la volta del cielo, ci sia bisogno di esprimere in lettere ciò che allo spirito dovrebbe risultare come l’immediata certezza di una realtà evidente. L’altra sensazione, invece, è dovuta al nostro spirito critico, che ci fa apprezzare, in un mondo come quello attuale, l’opera della mano ignota di chi sa ancora testimoniare, seppure a parole, la Verità più antica e più essenziale. Ci sembra che queste due sensazioni rappresentino i limiti fra i quali resta sospeso l’uomo d’oggi, il quale, se ha perso la dimensione della trascendenza, pure non si rassegna ad accettare di credere che il mondo visibile sia tutto ciò che è, restando così come “un pesce fuor d'acqua”.
La prima sensazione, infatti, ci ricorda la storiella di quel giovane pesce che aveva sentito parlare dell'oceano; quando chiese ai propri genitori se sapessero dove mai l’oceano fosse, questi non seppero rispondergli, data la loro povera cultura. Allora il giovane pesce lasciò la famiglia per viaggiare nel mondo in lungo e in largo, alla ricerca di qualcuno che potesse dirgli dove fosse l’oceano, ma nessuno seppe mai dargli una risposta, e il povero pesce alla fine morì senza aver mai saputo dove l’oceano si trovasse. Forse sarebbe stato necessario che una seppia o un calamaro avessero scritto su un’alga o su uno scoglio la parola “Oceano”, affinché il nostro giovane pesce potesse accorgersi di esservi immerso e di costituire egli stesso la piccola parte di un tutto.
Nelle concezioni della moderna ecologia si usa contrapporre abitualmente l’uomo al mondo e si cerca di salvare quest’ultimo dal primo, ignorando non solo che entrambi fanno parte di un tutto che può intendersi proprio come “la natura", ma dimenticando inoltre quale sia la vera natura del mondo e quale sia la vera natura dell’uomo. Dovremmo rifarci alle concezioni medievali per ritrovare la materia signata quantitate o la triade spiritus, anima, corpus, per affrontare il tema che ci siamo proposti capendo quanto il sacro entri a far parte della vera natura di entrambi, come testimoniano anche tutte le vite dei santi, come quella miracolosa di San Rocco, qui custodito dalla confraternita che dal medioevo aveva sede in questa Scuola Grande.
Sono infatti tutti i profeti e i santi di ogni tradizione a ricordarci come sia soltanto la concezione dell’Unicità di Dio, quale sola realtà e quale sola Verità sacrale, a esprimere l'effettiva “Natura” del mondo, Sua creazione o manifestazione, e dell'uomo, Suo Vicario, Khalîfat Allah, e rappresentante in terra; concezione sinteticamente contenuta nell’attestazione di fede islamica anche solamente intesa, come vogliamo limitarci a fare qui, nella sua prima parte “la ilaha illa Allah”, “non c’è dio se non Iddio”, quale espressione della “religione naturale”. È naturale infatti per l’uomo essere religioso, e cioè “ricollegarsi”, proprio tramite la religione, a quel Principio creatore dal quale discende come creatura fatta “a Sua immagine e somiglianza", così come è naturale per l’uomo aspirare alla realizzazione della sua vera natura spirituale. E’ dunque da questa natura spirituale che bisogna ripartire per risalire il naturale cammino del ciclo delle rivelazioni anziché lasciarsi sprofondare nella dimensione inferiore, idolatrando l’uomo e il mondo in quanto tali.
Ogni Rivelazione, come le ultime tre Ebraismo, Cristianesimo e Islam, è una nuova Creazione e ridona alla natura decaduta la sua dignità originaria, per lo meno relativamente a chi ne beneficia; se tutti gli uomini fossero veramente religiosi, ovvero “sottomessi a Dio nella Pace” – significato letterale della parola Islam - cesserebbero comunque di sussistere anche “obiettivamente” i problemi “ecologici”. Questi infatti, lungi dal costituire qualcosa di puramente materiale, sono come l’esteriorizzazione della mancanza di purezza dell’uomo decaduto.
D’altra parte la “purezza” da costituire solo sulla terra cui mirano gli ecologisti è luciferica e solo apparente; la vera purezza è la trasparenza dei simboli, e la Rivelazione del Verbo divino in una religione ridona la capacità di beneficiare della natura come “vestigia di Dio” San Bonaventura in Itinerarium anima in Deo. L’ideale terreno degli ecologisti, invece, dista dalla trasparenza agli archètipi ancor più di un mondo inquinato che reca per lo meno i segni evidenti del paradiso perduto e della lotta fra opposte tendenze.
A proposito del rispetto per la natura nell’ambito delle altre confessioni religiose, abramiche e non, vorremmo evitare di commettere il troppo comune errore di fare come se vi fossero prospettive derivanti da vari sistemi coniati dall’uomo, o ispirate da un particolare dio proprio a ciascuna religione, ma considerare invece tale rispetto per la natura come frutto delle diverse rivelazioni dell’Unico Creatore, lo stesso per tutte le religioni ortodosse, quali quelle presenti oggi a questo tavolo nel Nome del Dio Unico di Abramo.
Non si può incolpare la Tradizione giudaico-cristiana-occidentale di aver provocato il deterioramento dell'ambiente, perché non sono certo le tradizioni divine a poter provocare alcun danno o alcuna crisi, mentre sono soltanto gli uomini, proprio perché non sono più religiosi, perché non sono più veri ebrei, veri cristiani o veri musulmani, a provocare tali aberrazioni e, a volte, a nascondersi anche dietro le religioni per accusarle di aver fomentato le guerre del passato o di fomentare quelle del presente. Anche per le moderne ideologie pacifiste vale quanto detto per l’ecologia; infatti anche queste affrontano il problema dall’esterno, mirando alla pace prescindendo dalla sottomissione alla Legge divina, la quale comporta di per se stessa la Pace, ma, secondo le parole del Cristo, «non come la dà il mondo». 2 Gv XIV, 27.
I conflitti infatti non avvengono mai fra i veri credenti delle vere religioni, specie se si crede che l’Unico Dio ne è l'origine e la ragion d'essere, così come la Conoscenza di Dio è lo scopo non soltanto della religione, ma della stessa vita umana; ma, senza voler identificare l'Ebraismo o il Cristianesimo con l’Occidente, né l’Islam, unica altra vera religione universale, con l'Oriente, dobbiamo dire che i guasti della natura, poi imitati e forse anche accentuati dal resto del mondo, provengono soltanto dalla concezione ateo-materialistica propria di questo nostro Occidente moderno, secolarizzato e dissacrato.
L‘insegnamento tradizionale secondo cui la Conoscenza di Dio è lo scopo della vita umana offre la risposta più elevata e sintetica a ogni mal posta questione ecologica. Ogni male infatti è interpretato dai santi e i sapienti come conseguenza dell’ignoranza di Dio; ma non si tratta di acquisire nozioni culturali fornite dall’esterno, bensì di realizzare in noi una vera trasparenza intellettuale e spirituale dell’essere. Le dicotomie appaiono solo dal punto di vista relativo, ma tutto si riduce a un insegnamento divino, e tutta la realtà senza “residui” o “scorie” si scioglie nella Conoscenza, senza per questo cessare di essere quel che è sempre stata. Cadono in tal modo solo i veli dell’ignoranza, che non hanno mai avuto una realtà effettiva.
Noi cerchiamo ora di salvare l’ambiente, come abbiamo creduto di salvare il mondo e l'umanità indipendentemente dalla vera “salvezza” dell’uomo che potrà compiersi solamente tramite la Grazia divina.
E per terminare permettetemi un gioco di parole nel dire che tutti noi, ebrei cristiani e musulmani, eredi di Noè, “siamo tutti sulla stessa arca”, in vista del prossimo diluvio universale, ma anche nella speranza di questo momento escatologico nell’attesa della seconda venuta di Gesù.
Shaykh Abd al-Wahid Pallavicini
Presidente COREIS (Comunità Religiosa Islamica) Italiana
A seguire pubblichiamo un articolo dell’imam Yahya Pallavicini a seguito del suo recente intervento a Baku in occasione del summit delle autorità religiose per COP29 (leggi il comunicato stampa), dove oltre 300 autorità religiose da tutto il mondo hanno discusso sul tema "Le religioni del mondo per un pianeta verde”.
Quale cambiamento climatico e per quale inquinamento?
Per il secondo anno consecutivo si è riunito il summit dei leader religiosi in occasione del COP, la conferenza internazionale promossa dalle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. L’anno scorso a Dubai, Emirati Arabi Uniti, e quest’anno a Baku in Azerbaijan, guide religiose rappresentanti dell’Ebraismo ortodosso e riformato, del Cristianesimo ortodosso, cattolico, copto e protestante, dell’Islam sunnita e sciita, delle tradizioni Indù e della via del Buddha, dall’Africa, America, Asia e Europa si sono confrontati sull’analisi e le soluzioni alla crisi dell’ambiente. Tra i partecipanti, Moshé Lewin del rabbinato di Francia, il Metropolita Antonij del Patriarcato Russo, il Cardinale Claudio Gugerotti, i Ministri per gli Affari Religiosi dall’Egitto e dalla Turchia, i delegati dall’OCI, ICESCO, KAICIID, Muslim Council of Elders, Muslim World League (KSA), World Muslim Communities Council (UAE) e il Caucasus Muslims’ Board presieduto dallo Shaykh al-Islam Allahshukur Pashazade. Dall’Europa hanno partecipato delegati dal Vaticano, dalla Conferenza Europea dei Rabbini, i mufti dalla Bulgaria, Polonia, Romania, Slovenia, Ungheria, Ucraina insieme ai rappresentanti musulmani dalla Germania e dall’Italia.
Il titolo dell’incontro di questo evento che anticipa il COP29 è “Le religioni per un pianeta verde”. Prima di definire il colore auspicabile per il nostro pianeta occorre almeno ammettere che la saggezza nella gestione della terra, dell’acqua e dell’aria sembra particolarmente oscurata e che colorare questi elementi fondamentali di “verde” non produrrà alcun significativo cambiamento se non si ritrova prima la luce che illumina e distingue i colori dell’universo. Questa è la responsabilità principale che abbiamo come educatori e guide spirituali delle nostre rispettive confessioni religiose: condurre i membri delle comunità verso una interpretazione onesta e coerente nell’amministrazione del servizio, nel tempo e nello spazio della vita. Non bisogna cambiare colore ma cambiare mentalità!
Sul tema del cambiamento riprendiamo la citazione dal Corano presentata dal messaggio del principe Hassan di Giordania “Dio non cambia la condizione di un popolo se prima essi non cambiano ciò che c’è in loro stessi” (XIII: 11). Occorre dunque cambiare la propria disposizione interiore prima di essere aiutati da Dio a cambiare la situazione esteriore. Inoltre, i maestri aggiungono che occorre intendersi su come e cosa cambiare perché la chiarezza sul metodo e sulla proprietà del cambiamento e del suo oggetto contribuisce alla sua effettiva realizzazione.
Ciò che è cambiato come clima, soprattutto in Occidente, è l’ordine delle priorità e delle proporzioni tra la natura divina e la natura umana e questa manipolazione della natura ha provocato un inquinamento climatico nelle anime, nelle menti e nel comportamento delle persone che hanno dimenticato la loro ragione sacra di vita nel mondo per abdicare all’avidità e inseguire giochi di potere e di successo individuale che stanno distruggendo l’identità del pianeta e l’unità dell’umanità.
Parallelamente, si diffonde da alcuni secoli una pericolosa e subdola negazione e confusione sulla vera natura di ogni religione che viene svilita al di fuori della sua autentica dottrina e funzione sociale.
Reagire da parte delle guide religiose a questo grave disordine richiede un rinnovamento nello sforzo intellettuale di orientamento nelle responsabilità che passa anche dal dialogo, dalla collaborazione, dall’approfondimento spirituale tra credenti e cittadini e politici. Un coordinamento intra-religioso regionale che possa favorire una intesa di principio e di declinazione operativa congiunta è stato avviato da anni in Europa tra leader musulmani e tra rabbini arginando le onde che vogliono destabilizzare questa antica fratellanza nel Dio Unico. Il confronto interreligioso aggiornato sulle encicliche di Papa Francesco Laudato Si e Fratelli tutti apre una ulteriore occasione di confronto, ispirazione e antidoto alle forze di polarizzazione che tentano di provocare e mettere tutti contro tutti.
Ciò che queste forze perverse e aggressive cercano di destabilizzare dopo aver invertito la natura della terra dissociandola dal rapporto naturale con le acque superiori e inferiori e con i livelli dei cieli è la disintegrazione della natura della persona umana separandola dall’intelligenza di un servizio utile di saggezza esteriore e reale per associarla, invece, ad una utopia di superpotenza omologante, una grande e misera illusione. Di fronte a questa crisi, la saggezza tradizionale e il servizio con una retta intenzione devono continuare ad ispirare il lavoro delle guide religiose sincere e umili di ogni via spirituale per la ritrasmissione ai rispettivi fedeli.
Un capitolo del Corano ci narra la ricerca del profeta Mosè verso una Conoscenza superiore che Dio ha affidato ad un maestro sempre vivente chiamato il verdeggiante. Forse è a questo verde, a questa Conoscenza Superiore ricercata dagli aspiranti nell’interpretazione dell’armonia dell’universo, a cui fanno riferimento gli organizzatori del titolo del summit delle autorità religiose per il COP29 quando sperano di andare verso un pianeta verde. A questo destino si potrà arrivare solo se si riesce ad arginare le oscurità dell’anima impedendo che possano contaminare e chiudere i cuori e se si ricerca la compagnia del verdeggiante alla luce di una obbedienza alla regola dello Spirito.
Yahya Pallavicini