Incontrare l'Altro per ritrovare se stesso: viaggio al termine dell'Occidente

Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha ricevuto nella città di New York una onorificenza dall’Atlantic Council. È stata l’occasione per un discorso sulla natura e sui destini dell’Occidente, pronunciato di fronte a un uditorio americano. Al netto della mirata captatio benevolentiae destinata al particolare pubblico al quale si è rivolto, il discorso del Presidente contiene degli spunti di riflessione interessanti. Lo scopo di questo articolo è cercare di dare, senza idealismi, un sostegno a una prospettiva più elevata per l’Occidente.

Incontrare l'Altro per ritrovare se stesso: viaggio al termine dell'Occidente

Radici dell’Occidente o radici della modernità?

Il discorso del Presidente muove da una critica all’atteggiamento bipolare, e tipico della mentalità occidentale, di vituperare se stesso e di ritenersi parimenti il perno del mondo. Afferma il Primo ministro italiano: «L’Occidente è un sistema di valori in cui la persona è centrale, gli uomini e le donne sono uguali e liberi, e quindi i sistemi sono democratici, la vita è sacra, lo stato è laico e basato sullo stato di diritto». E ancora: «Dobbiamo soprattutto recuperare la consapevolezza di quello che siamo. Come popoli occidentali, abbiamo il dovere di mantenere questa promessa e di cercare la risposta ai problemi del futuro avendo fiducia nei nostri valori: una sintesi nata dall’incontro tra la filosofia greca, il diritto romano e l’umanesimo cristiano». La soluzione per combattere i mali dell’Occidente sarebbe dunque quella di recuperare un’antologia selezionata di radici passate della nostra cultura e riattualizzarle. Il punto è che non si può curare il vizio del bipolarismo con un altro vizio, quello del sentimentalismo. I «valori» di centralità della persona, uguaglianza e libertà, laicità, stato di diritto sono concetti, per come vengono intesi oggi, totalmente estranei ai riferimenti storici della filosofia greca, del diritto romano e dell’umanesimo cristiano, ammesso che davvero queste siano le uniche radici dell’Occidente. Si cerca dunque di programmare le sfide del futuro tramite un passato artificiale, trasformato sulla base delle idee del presente. Presente, passato, futuro. Quello che manca è la concentrazione sull’istante, cioè lo sforzo intellettuale di aderire all’istante per risolvere i problemi urgenti dell’attualità cercando una corrispondenza con i principi metafisici e non con i valori artificiali. Se è infatti vero che l’Occidente è stato ed è il fautore della modernità, tuttavia Occidente e modernità non sono sinonimi. Le radici dell’Occidente sono ben altra cosa rispetto alle radici della modernità – anche se spesso vengono confuse e sovrapposte - e ci hanno lasciato un’eredità di maestri, santi e sapienti che hanno insegnato la ricerca intellettuale del Principio delle cose, non al fine di una vana speculazione ma per dare delle risposte concrete alle sfide che abbiamo di fronte. Nel Vangelo di Giovanni viene riportato l’episodio di un maestro ignorante che interroga Gesù sullo Spirito. A questi il Cristo risponde: «In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito. Non ti meravigliare se t'ho detto: dovete rinascere dall'alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito». Replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?». Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro in Israele e non sai queste cose? In verità, in verità ti dico, noi parliamo di quel che sappiamo e testimoniamo quel che abbiamo veduto, ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo?». Gesù insegna a rinascere dall’alto e non dalle radici della terra, dalla mente e dalla ostinazione nelle convinzioni ideologiche con cui a malapena vediamo le cose della terra; se invece aspirassimo davvero alle cose del cielo, vedremmo le cose della terra per ciò che sono veramente, cioè segni e simboli provvidenziali dell’Ordine divino. Allora si vedrà la decadenza occidentale non in modo viscerale e non la si vedrà solo come una «crisi di valori», ma si percepirà la provvidenzialità di ogni segno con cui Dio rinnova costantemente la sua creazione.

La trappola delle contrapposizioni

Un’altra tendenza tipica del dibattito autoreferenziale dell’Occidente è la tendenza alla contrapposizione con tutto ciò che occidentale non è: l’Occidente ha delle colpe ma non è autocratico come gli altri; l’Occidente difende la libertà, gli altri no; l’Occidente pratica la filosofia, gli altri sono solo dei sudditi. È una visione tanto semplicistica quanto dannosa perché non aiuta a capire se stessi e nemmeno gli «altri». Siamo davvero sicuri che tutto ciò che non è occidentale sia autocratico? Siamo in grado di riconoscere la più pericolosa delle autocrazie, quella dell’individualismo? Riusciamo a smettere di pensare che gli altri siano una totalità indistinta di popoli tutti uguali tra loro? Abbiamo l’umiltà e la nobiltà di sperare che il confronto intellettuale con gli «altri» possa forse riaprire delle possibilità che abbiamo avuto e ora abbiamo smarrito? Questa continua propensione alla polarizzazione sia interna che esterna è un errore di natura intellettuale, perché è mosso da orgoglio e sentimentalismo e blocca le possibilità di un autentico discernimento. Per lo stesso motivo il patriottismo non può essere la soluzione al declino, come invece sostengono gli alfieri di un certo pensiero identitario che, invece di riorientarsi, sembra che cerchi sempre più di modernizzarsi. Curare gli interessi del popolo, la sua prosperità, il funzionamento delle istituzioni, difendersi dagli attacchi sono nobili servizi che il potere politico deve necessariamente esercitare. Quando però questi elementi degenerano in autoaffermazione esclusiva di carattere individualista, e quindi “patriottico”, si perdono di vista il Bene e l’interesse collettivo per nutrire la fallacia delle ideologie. È esattamente ciò a cui stiamo assistendo in Europa in questi ultimi decenni, in cui lo scontro e la prevaricazione degli interessi particolari immobilizza le possibilità di trovare una soluzione efficace ai problemi. È ciò che vediamo in alcuni Paesi invasori che decretano i valori e i disvalori sulla base dei quali emettono sentenze di condanna per la società occidentale, rispetto alla quale sono, in realtà, perfettamente allineati. Il fondamento del moderno nazionalismo è il medesimo dell’individualismo, del razionalismo e di quella mentalità che ha coscientemente operato la separazione artificiale tra il sacro e la vita pubblica e privata degli uomini e delle donne

Decadenza e riorientamento

Se l’Occidente ha la decadenza nella radice del suo nome, questo non è sicuramente un motivo per abbandonarsi a una passività fatalista. Non è vero che tutto è perduto ed è falso che non vi sia più una speranza. Le relazioni con i Paesi del Mediterraneo che l’Italia sta cercando di ricostruire rappresentano in tal senso un’opportunità, purché non si cada nella doppia tentazione di ridurre le relazioni a meri trattati commerciali per espandere la propria area di influenza e di illudersi di costruire un «mondo migliore». Non si può incorrere nell’ingenuità di pensare che non agiscano attivamente le forze della disgregazione, della guerra e della dissoluzione. Non si può nemmeno pensare di catalogarle e sconfiggerle con le analisi infinite e indefinite, i prospetti e gli scenari geopolitici. Il dialogo non può essere solo economico e politico ma innanzitutto intellettuale e spirituale e, perché questo accada, occorre coinvolgere le autorità che sappiano muoversi in questo ambito. Si ricerchino davvero le radici intellettuali dell’Occidente, si cerchi innanzitutto un cambiamento della mentalità e dell’approccio nelle relazioni con gli altri popoli e Stati, si lavori per l’integrazione reale dei nuovi cittadini che provvidenzialmente sono arrivati nel nostro Paese (anche se non hanno un retroterra culturale greco-romano-cristiano), non obbligandoli ad aderire alla mentalità moderna, che è più estranea alle radici dell’Occidente di quanto si possa credere, ma a una cittadinanza intelligente, consapevole e collaborativa. Bisogna cogliere le occasioni e le possibilità prima che si esauriscano, prima che sia troppo tardi e bisogna che gli uomini che hanno gli «intelletti sani» contribuiscano in questo ciclo alla preparazione dei semi per il ciclo successivo, nella percezione impersonale della decadenza. Il corpo, la mente e il cuore degli uomini non sono infatti i custodi dello Spirito ma ne sono gli strumenti utili a un riorientamento verso il Principio di tutte le cose.