La Signoria del Suo Spirito e la Misericordia per l’anima del prossimo tuo

La Sacra Scrittura, in particolar modo il Primo Testamento, ci consegna costantemente la realtà di un Dio che, nonostante l’infedeltà e la lontananza del suo popolo, porta a compimento il suo disegno di salvezza. Questa azione salvifica del Signore mostra la sua signoria sulla storia secondo due direttrici: misericordia e compimento. In questo breve approfondimento ci soffermeremo proprio su queste due categorie. Prima di tutto la signoria di Dio si mostra come misericordia verso l’uomo ed il suo popolo Israele. Il termine stesso nel suo significato etimologico, un cuore vicino al misero, indica chiaramente come la signoria del Signore superi le categorie umane e si concretizzi negli eventi della storia come amore per il misero.

Sin dalle origini dell’esistenza dell’uomo Egli si è reso presente nella storia della salvezza con braccio potente per liberare il suo popolo dalla schiavitù, non semplicemente dei popoli circostanti, ma dalla schiavitù più pericolosa che è l’autoreferenzialità. Già nella costruzione del vitello d’oro, simbolo per eccellenza dell’idolo, cioè di ogni realtà umana che nella vita prende il posto di Dio, Israele cerca un’alternativa alla strada tracciata dal Signore, apparentemente più confacente all’appagamento dei propri bisogni. In questa storia di infedeltà e tradimenti, Dio mostra un amore infinitamente più grande e mostra la sua signoria proprio capovolgendo il modo di pensare dell’uomo: infatti non impone la sua potenza con forza o attraverso il castigo, ma invece attraverso un inatteso amore misericordioso.

Emblematico è il testo di Osea 11, dove ai vv.8-9 si legge: «Come potrei abbandonarti, Efraim, come consegnarti ad altri, Israele? Come potrei trattarti alla pari di Adma, ridurti allo stato di Sebòim? Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Efraim, perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò da te nella mia ira». Queste parole ben sintetizzano perfettamente cosa significhi il fatto che Dio mostra la sua signoria nella storia attraverso la sua misericordia, questo scuotimento delle viscere, una sorta di mal di pancia per coloro che si amano. Egli avrebbe avuto tutti i motivi per sfogare la sua ira verso Israele che addirittura si era prostituito con gli idoli stranieri – il profeta infatti usa proprio il verbo zanah – prostituirsi per indicare l’atteggiamento di infedeltà del popolo eletto verso il suo Dio – ed invece, proprio perché Signore della storia che non ragiona e non si comporta come l’uomo, muta la sua ira in amore misericordioso.

Molte sono le pagine della Scrittura che concretizzano questo amore di Dio, fino all’apice dell’espressione del suo amore nel dono del figlio suo Gesù. Nella fede cristiana l’incarnazione di Cristo è l’apice di questo piegarsi di Dio verso la miseria dell’uomo, fino all’atto sublime del dono di sé sulla croce. Infatti nel racconto giovanneo della passione, l’evangelista gioca narrativamente sul tema della regalità di Cristo, prima con i segni della corona di spine, della canna nelle mani e del manto scarlatto, fino al dialogo con il procuratore Ponzio Pilato in merito alla sua regalità. Il dialogo termina al cap.19 al v.13 con queste parole: «udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litostrato, in ebraico Gabbatà». Ora è evidente che sia Pilato a sedere in tribunale per giudicare, ma in realtà sintatticamente il verbo «sedette» può avere come soggetto sia Pilato che Gesù. Giovanni volontariamente lascia questa ambiguità narrativa, perché se è pur vero che è Pilato a giudicare Gesù, in realtà nel dono di sé, in quell’atto infinito di amore misericordioso, è Gesù che giudica il mondo, che vince il male, il peccato.

La seconda categoria con la quale si esprime la signoria di Dio nella storia è quella del compimento. Egli, nonostante le righe storte della storia dell’umanità, porta a compimento il suo disegno di salvezza per l’uomo. Molte volte Israele manifesta la sua lontananza da Dio, fino a viverne le conseguenze più drammatiche con l’evento dell’esilio a Babilonia, dove la perdita della terra e della discendenza rischiano di far smarrire per sempre la sua identità di popolo eletto, di segullah del Signore, letteralmente «sua proprietà privata».

Tra tutte le pagine che si potrebbero citare del Primo Testamento, mi piace ricordare come tipologica di questa infedeltà autoreferenziale la figura di Sansone. Egli è l’eroe prescelto da Dio, dotato di una forza sovrumana, ma che sempre utilizza i doni del Signore per se stesso. Il prescelto da Dio fin dalla sua nascita, chiamato a vivere come dono del Signore nell’osservanza del voto di nazierato, che prevedeva diverse restrizioni alimentari e comportamentali, Sansone si lascia vincere dalle sue passioni, infrangendo più volte questo voto, seguendo semplicemente i suoi istinti ed i suoi bisogni. Prima si nutre di miele ricavato dalla carcassa di un leone morto, ucciso con le sue stesse mani, poi, invaghitosi di una donna straniera, filistea, decide di sposarla, contro anche le attese dei suoi genitori. E quando questo matrimonio finisce catastroficamente, egli sfoga la sua ira contro i Filistei, dando inizio così ad una spirale di violenza sempre più drammatica. Ma il testo ricorda che, nonostante tutto, il Signore attraverso la persona di Sansone iniziò a liberare il suo popolo dall’oppressione dei Filistei.

Quest’atteggiamento totalmente autoreferenziale e narcisistico di Sansone lo porterà a soccombere, proprio per mano della sua nuova amata Dalila, anch’essa donna filistea, che con la persuasione e l’inganno, riuscirà a carpire il segreto della forza di Sansone e farlo catturare dai Filistei, ottenendo così una lauta ricompensa. A Sansone vengono cavati gli occhi e diventa cieco. Questo particolare, che potrebbe apparire secondario, invece è molto eloquente perché descrive le conseguenze di chi si allontana da Dio, dal suo disegno di salvezza, per seguire i propri bisogni ed attese: si diventa ciechi a tal punto da non saper più riconoscere la presenza di Dio nella vita e le sue orme accanto a noi.

Nonostante questo finale drammatico della vicenda di Sansone, la conclusione porta ad un esito inatteso: Sansone morirà, ma riuscendo a riavere quella forza che farà morire con sé tutti i Filistei che si erano radunati intorno a lui per deriderlo e schernirlo. In questo modo il disegno di Dio comunque si compie, mostrando come, nonostante la totale lontananza e distacco del suo eroe dal suo amore, Egli mostra la sua signoria, mutando quel drammatico finale in vittoria.

La vicenda di Sansone appare così come un prototipo di tante altre pagine in cui Israele si allontanerà da Dio, lo tradirà, gli volterà le spalle, ma questo non impedirà al Signore di mostrare la sua signoria, portando comunque a compimento il suo disegno di salvezza. Le due dimensioni poi qui ricordate in cui si esplicita e concretizza la signoria di Dio diventano modello di quell’amore verso il prossimo ricordato nel testo evangelico del cap.12 di Marco: «ama il prossimo tuo come te stesso».

Come la signoria di Dio non è un imporsi tirannico sull’esistenza dell’uomo, ma è una potestà d’amore infinito, così la sua misericordia diventa il riferimento e fondamento dell’amore verso il prossimo. Addirittura, oserei dire che è il fondamento ontologico dell’essere umano: infatti il testo di Genesi che riguarda la creazione dell’uomo esplicita il fatto che esso è stato creato secondo il suo ṣélem – la sua immagine, letteralmente è lo stampo con cui si realizzavano le statue fuse in metallo.

Sempre la Sacra Scrittura, nel testo cristiano della Prima lettera di Giovanni, annota come «Dio è amore» (1Giovanni 4,16), per cui, quasi come un’equazione matematica, se Dio è amore e l’uomo è stato creato secondo la sua immagine, ciò che caratterizza l’essere umano è proprio l’amore di Dio. Nella dimensione della fede cristiana, ricollegandoci a quanto sopra ricordato riguardo alla signoria di Dio e a quella di Cristo crocifisso, possiamo dire che lo ṣélem, lo stampo e modello con cui il Signore ha pensato e creato l’uomo sia proprio il Figlio suo Gesù.

Pertanto, l’amore di Cristo crocifisso, che manifesta la piena signoria di Dio nell’apice della manifestazione del compimento e della misericordia, è il fondamento dell’amore dell’uomo e delle relazioni col prossimo. In questo potremmo affermare che la signoria di Dio si manifesta oggi, non solo nei grandi eventi della storia, ma anche quotidianamente nel vivere le relazioni col prossimo attraverso il fondamento della misericordia di Dio e così si vive anche il compimento della nostra storia personale e non solo quello della storia universale.